Delisting: Che cos’è? Perché le aziende decidono di lasciare la borsa?
A cura di Marco Zorzo
A molti investitori sarà sicuramente capitato di avere in portafoglio azioni di una società e leggere la notizia che il proprio titolo molto presto non sarà più scambiabile all’interno di nessuna Borsa valori. Cosa è successo? Cosa comporta questo evento? Cosa succede all’investitore?
Indice dei contenuti
Che cos’è il Delisting?
La revoca della società dalle negoziazioni di Borsa è un concetto che si riassume con il termine “Delisting”. Questo deriva dal termine “listing”, che raffigura l’esatta situazione opposta, ovvero l’ammissione del titolo di una società alla quotazione in un determinato mercato borsistico.
Presupponendo che l’impresa presenti determinate caratteristiche di affidabilità e rispetti una serie di obblighi specificatamente indicati dalla normativa interna al mercato medesimo, la quotazione avviene dietro specifiche motivazioni, come il bisogno di raccogliere nuovi capitali, diversificare le fonti di finanziamento, migliorare lo standing creditizio per ridurre il costo del capitale, o ancora per disporre di uno strumento addizionale di incentivazione e motivazione del management e dei dipendenti (trovi un approfondimento qui).
La creazione di un mercato pubblico per i titoli azionari permette ai suoi azionisti di poter scambiare le azioni in loro possesso, ottenendo in questa maniera importanti benefici in termini di liquidità. Con il delisting, invece, la società perde quel valore di mercato precedentemente acquisito e le sue azioni non costituiranno più oggetto di negoziazione in quel mercato.
Quali sono le motivazioni?
Le modalità attraverso il quale può avvenire il Delisting sono principalmente due, volontaria e obbligatoria, e ciascuna presenta motivazioni differenti.
Delisting volontario
L’esclusione dalla borsa attraverso decisione volontaria è una delle fattispecie maggiormente riscontrabili nei mercati finanziari europei, dove sono presenti normative legate alla quotazione meno stringenti e i mercati stessi sono meno forti strutturalmente.
Accade infatti che società quotate, dopo diverso tempo decidano di abbandonare la borsa in favore di un ritorno alla privatizzazione. Gli oneri e i vincoli che deve sopportare una società per rimanere quotata sono spesso una delle motivazioni principali dell’abbandono, soprattutto se il proprio titolo non ha raggiunto le performance desiderate.
Tra le altre motivazioni a favore del Delisting emergono:
- L’ottenimento di profitti nel breve termine: se un’azione, secondo il management, viene negoziata al di sotto del suo valore intrinseco, la società stessa potrebbe riacquistare le proprie azioni per un maggior rendimento futuro atteso.
- Operazione di M&A: a seguito di operazioni straordinarie come un’acquisizione, la società potrebbe dover esser trasformata in privata dai nuovi azionisti di maggioranza (trovi un approfondimento qui).
- Maggiore flessibilità nelle decisioni, e l’assenza di pressioni provenienti dal mercato.
Delisting involontario
L’esclusione tramite decisione involontaria avviene senza considerare la volontà della società, e la decisione assunta dall’organo di vigilanza (CONSOB in Italia e SEC in USA) è vincolante. Per questo motivo, tutte le volte che lo Stock Exchange dichiara ufficialmente il delisting di una società, il suo titolo viene automaticamente cancellato dal listino e le sue azioni non possono più essere oggetto di negoziazioni in quel mercato.
Nello specifico, questa situazione si verifica quando le società non rispettano i criteri e i requisiti imposti dalla Borsa per far parte di quel mercato regolamentato. Alcune tra le motivazioni oggetto di Delisting involontario sono:
- Mancato rispetto di uno o più standard di quotazione
- Comportamenti adottati dalla società e ritenuti non conformi alle regole, inopportuni o in grado di recare danno agli investitori
- Inadempimenti degli obblighi associati alla quotazione, soprattutto quelli di natura informativa
- Coinvolgimento della società in scandali o cause legali che potrebbero inficiare l’immagine del mercato stesso
- Decremento del prezzo e deterioramento delle performance che minano i valori chiave rappresentanti l’andamento economico-finanziario della società.
Questi avvenimenti sono più probabili all’interno di un mercato come quello statunitense, dove ci sono norme piuttosto rigide e numerosi obblighi associati allo status di essere una società quotata.
Cosa succede all’investitore?
L’investitore è tutelato dagli obblighi di informativa imposti dall’ente regolatore di quel determinato mercato. Questo significa che riceverà dal proprio broker o intermediario, se in possesso delle azioni, le comunicazioni emanate dalla società che ha interesse a delistarsi.
La rimozione di una società dal listino può avvenire, ad esempio, a seguito di un’Offerta Pubblica di Acquisto totalitaria volta al delisting (OPA). Questo è il caso Intesa – Ubi, dove Intesa ha promosso (nel 2020) un’OPA su Ubi Banca per acquisirla tramite fusione (conclusa poi nel 2022), nello specifico tutti gli azionisti di Ubi si sono trovati, al termine dell’operazione, a detenere azioni quotate di Intesa, senza la possibilità di scegliere.
Un altro caso è la situazione in cui avviene un vero e proprio Delisting, con i titoli rimossi dalle contrattazioni senza che vengano trasformati in un altro strumento finanziario quotato. È questo il caso dell’OPA di Sofima su IMA: i detentori di azioni IMA hanno ricevuto, in seguito alla pubblicazione del documento di offerta, la comunicazione in merito al Delisting delle azioni IMA dai mercati borsistici.
Nello specifico, l’intermediario finanziario comunica all’investitore che a breve si aprirà un periodo di adesione, ovvero un arco temporale in cui l’azionista può aderire all’OPA e vendere automaticamente le azioni in possesso (verranno acquistate da chi ha lanciato l’OPA) al prezzo già stabilito. Di solito il prezzo incorpora un premio sulle azioni superiore al 15%.
Invece, nel caso in cui l’azionista decidesse di non aderire all’OPA, rimarrebbe (solo nel caso in cui l’offerente non raggiunga il 95% del capitale sociale, perché in tal caso scatterebbe l’obbligo di adesione) con titoli in portafoglio di una società non quotata. Questo non inficia con la perdita di alcun diritto patrimoniale, come dividendi o diritti di voto, ma con la liquidità e scambiabilità del titolo, nell’atto pratico, per vendere azioni non quotate dovrebbe cercare personalmente un compratore o contattare la società e sperare che qualche azionista abbia ancora interesse nel riacquisto.
Il fallimento della Borsa
Quando una società si delista, si può pensare ad un “fallimento” da parte della stessa o addirittura da parte dell’intera Borsa, soprattutto se le società che si delistano sono tante quante quelle che si “listano”.
Secondo una ricerca condotta da Intermonte e il Politecnico di Milano, il capitale di Borsa Italiana soffre da diversi anni a causa dei numerosi Delisting.
Negli ultimi 20 anni, dal 2002 al 2021, a Milano le quotazioni sono state 448, mentre i delisting 336. Il saldo netto è comunque positivo e lo scorso dicembre si è superata la soglia di 400 società quotate, con una conformazione del profilo del mercato azionario più orientato verso le small cap.
La capitalizzazione persa a Piazza Affari negli ultimi 5 anni è pari a 55 miliardi di euro, perdendo così circa un quarto della crescita azionaria dello stesso periodo.
Il caso Elon Musk – Twitter
Tra i più recenti e noti Delisting è sicuramente d’obbligo citare il caso Twitter – Elon Musk, in cui quest’ultimo qualche mese fa ha sottoposto al consiglio di amministrazione di Twitter una proposta non vincolante per acquisire tutte le azioni ordinarie in circolazione del social network. Il suo obiettivo è il delisting dalla Borsa di New York.
Il prezzo comunicato è pari a 54,2 dollari per azione, ovvero un premio del 38% rispetto al prezzo del 1° aprile, 2022, giorno di borsa precedente alla comunicazione pubblica dell’investimento di Musk.
Quindi, nel caso l’operazione dovesse andare in porto, Twitter diventerà un’azienda privata, con Elon Musk che porterà al delisting le sue azioni. L’uomo più ricco al mondo ha già rilasciato in un tweet che cercherà di mantenere “il numero di azionisti consentito dalla legge in un Twitter privatizzato.”
Considerando però la personalità di Musk, rimane l’effettivo dubbio se effettivamente si troverà un accordo definitivo così da poter chiudere la trattativa. Ad esempio, qualche settimana fa Musk ha avvertito il management di Twitter che avrebbe abbandonato il deal se la società non gli avesse fornito i dati precisi sul numero di account falsi e spam presenti sul social (secondo lui sarebbero intorno al 20% contro il 5% dichiarato dall’azienda).
Aggiornamento al 09.07.2022: I legali di Elon Musk hanno comunicato alla SEC la rinuncia all’acquisizione di Twitter. La replica del management del social è stata repentina, annunciando che verrà intentata un’azione legale contro Musk affinché il CEO di Tesla completi l’acquisizione da 44 miliardi di dollari.
L’annullamento dell’operazione fa capo ad alcuni accordi non rispettati da Twitter, Elon sostiene che il numero di account spam sarebbe decisamente superiore al 5% ma la stessa società non è stata in grado di fornire un’analisi puntuale ed esaustiva sul dato. Musk reputa il numero “effettivo” di utenti (senza considerare gli account spam) una metrica molto rilevante, trattandosi di un social network, e senza un dato accurato non intende proseguire nell’operazione.
D’altro canto, sicuramente nel prossimo futuro ci saranno altri risvolti interessanti.
Prossimi eventi a Milano:
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