Cos'è una IPO - Vantaggi e svantaggi nell'investirci
Le basi / di Marco Zorzo
Spesso ci si chiede quali possano essere le prossime IPO in Borsa o su quale nuova azienda investire per anticipare ipoteticamente il mercato e fare percentuali da urlo.
Ma sappiamo realmente cosa sia una IPO? Qual è il suo significato e quali sono i vantaggi e gli svantaggi nell’investire in queste aziende appena quotate.
Ecco, rimani con noi, lo scopriremo in questo articolo.
Indice dei contenuti
Significato di IPO
IPO è l’acronimo di Initial Public Offering, o Offerta Pubblica Iniziale, e con questo termine si indica quel momento nella vita di una società, in cui si offrono per la prima volta i propri titoli sul mercato, per sottoscrizione e/o vendita.
Questo significa che la società passa dall’essere privata a quotata, poiché i suoi titoli azionari diventano soggetti a sottoscrizione pubblica, ed essendo rivolta ad un pubblico indistinto di investitori, costituisce una fattispecie di sollecitazione all’investimento.
Le 3 modalità di quotazione
Durante il processo di IPO, la società può offrire sul mercato quote del proprio capitale azionario con diverse modalità:
OPV (Offerta Pubblica di Vendita)
Gli azionisti della società collocano sul mercato una quota della propria partecipazione. In questo caso la società offre agli investitori una parte o la totalità delle proprie azioni con diritto di voto, con l’intento di allargare o modificare la compagine sociale.
OPS (Offerta Pubblica di Sottoscrizione)
La società colloca sul mercato azioni di nuova emissione provenienti da un aumento di capitale, successivamente questa offrirà agli investitori azioni di nuova emissione.
OPVS (Offerta Pubblica di Vendita e Sottoscrizione)
Questa offerta si pone come forma ibrida, la quale sfrutta congiuntamente le due precedenti modalità, procedendo sia nella vendita di azioni possedute dai vecchi soci sia a collocare titoli di nuova emissione.
Vantaggi del quotarsi in Borsa
Una società può essere spinta da numerose ragioni verso la quotazione in Borsa, e queste possono dipendere da diversi fattori, quali ad esempio il settore in cui essa opera, il momento storico, il relativo andamento dei mercati azionari o la visione del top management.
Nell’intraprendere la scelta strategica di quotarsi in borsa, la società deve valutare opportunatamente i pro e i contro del processo giungendo a una decisione ponderata. Tra i pro si considerano:
Aumento di visibilità e prestigio
gli analisti iniziano a seguire con attenzione l’andamento della società e, soprattutto nel caso in cui vi sia la prospettiva di un forte potenziale di crescita, la stampa finanziaria potrebbe scrivere articoli riguardanti la storia aziendale e l’andamento dei titoli, accrescendo così anche l’interesse di investitori privati.
Miglioramento dello standing creditizio nei confronti di finanziatori e fornitori
questo avviene permettendo l’utilizzo di titoli quotati come garanzia presso istituti di credito sulla base del valore riconosciuto dal mercato.
Favorisce processi di acquisizione
con il vantaggio di poter utilizzare le proprie azioni come concambio nella transazione complessiva.
Permette di ridurre il costo complessivo del capitale
grazie alla presenza di più fonti che competono tra di loro nel fornire un prestito ad una società quotata rispetto ad una che non lo è. Difatti per società private il costo del capitale proprio aumenta, dal momento che per un investitore, seppur disposto ad acquistare quote aziendali, risulterà più difficile rivenderle in un secondo momento.
Incentivi per il management
per le società quotate esiste la possibilità di motivare i manager con piani di stock option. Ricorrendo a questo strumento si crea una correlazione diretta tra il successo dell’azienda e l’investimento dei manager, influenzando positivamente la produttività e la qualità del lavoro.
Attrazione di personale qualificato
Grazie al miglior standing, una società quotata riesce ad attrarre più facilmente manager e personale qualificato.
Svantaggi del quotarsi in Borsa
Tra gli svantaggi possiamo trovare:
I costi
per l’ammissione al mercato di Borsa e il collocamento dei titoli si stimano indicativamente circa il 5% del controvalore complessivo (ad esempio per una società italiana di medie dimensioni). Tali costi comprendono la commissione di sottoscrizione e collocamento dovuta allo sponsor/global coordinator, e altri costi per consulenti legali, di comunicazione e revisione, spese di marketing e road-show, stampa e diffusione prospetto, contributi Consob, ecc.
L’obbligo di una comunicazione pubblica
dal momento di quotazione, la società avrà obblighi più stringenti legati alla trasparenza, fattore fondamentale per una corretta regolamentazione del mercato.
Focalizzarsi solo sugli obiettivi di breve termine
si tratta di un rischio di moral hazard, dove l’attenzione del management potrebbe spostarsi su obiettivi come la crescita dei ricavi e profitti nel breve termine, allo scopo di mantenere visibilità nel mercato di riferimento, ma a discapito di investimenti più onerosi proiettabili verso un orizzonte di lungo termine.
Investire in una IPO
Il numero delle IPO e l’interesse che suscitano sono tanto maggiori quanto più il mercato azionario è in fase rialzista. Le novità, del resto, tendono di solito ad avere una attrattiva maggiore rispetto alle realtà già esistenti. Tanto più il sentiment del mercato è positivo, tanto più i prezzi delle azioni saranno sopravvalutati e tanto maggiori saranno le fee delle banche di investimento.
Acquistare azioni al prezzo di IPO significa acquistare sul mercato primario; vale a dire comprare l’azione direttamente dalla società emittente. Contrariamente, invece, quando si compra sul mercato secondario, si acquistano azioni già in circolazione.
Acquistando un’azione in circolazione l’investitore si trova in una situazione in cui dispone delle stesse informazioni del venditore riguardo la società. Sono solitamente due investitori privati dove il prezzo di contrattazione è deciso dal mercato.
Nelle IPO la situazione è diversa. Il venditore è la società stessa, la quale dispone di maggiori e/o migliori informazioni rispetto all’investitore. Il prezzo viene deciso dalla società, la quale lo fisserà ad un livello ritenuto per essa conveniente, coadiuvata dall’advisor, il quale viene remunerato in base al prezzo di collocamento dell’offerta pubblica iniziale (tanto più alto il prezzo, tanto più alte saranno le sue fee).
Come partecipare ad una IPO
Si parte leggendo il prospetto di collocamento dove la società indica le condizioni per aderire e i rischi dell’operazione.
Nel prospetto viene indicato anche il range di prezzo a cui verrà venduta un’azione (ad esempio tra 5 e 8). Il range è però solo indicativo: il prezzo effettivo, infatti, verrà fissato solo pochi giorni o poche ore prima dell’effettivo suono della campanella sul mercato azionario. Quindi chi si prenota per l’IPO lo fa basandosi su di un range indicativo ma non sulla base di un prezzo definitivo.
Le regole poi cambiano da prospetto a prospetto, ma in linea generale il piccolo risparmiatore può partecipare ad un’IPO di solito prenotando almeno il lotto minimo previsto, attraverso gli investitori istituzionali designati dalla società per il collocamento.
La società fissa un numero massimo di azioni. Ma se la domanda superasse l’offerta sarebbe evidente che non tutti i richiedenti potranno essere accontentati, perlomeno per il totale delle azioni richieste. In questi casi si prevede un sorteggio tra gli azionisti per distribuire le azioni in lotti più piccoli con il fine di accontentare un numero più ampio di investitori.
È doveroso poi fare attenzione nel caso in cui non si venga sorteggiati ma si intenda comunque investire nelle azioni della società in oggetto, in quanto solo chi viene sorteggiato ha diritto ad acquistare le azioni al prezzo fissato per l’IPO. Chi rimane escluso potrà comunque acquistare le azioni una volta collocate in Borsa, in quel caso però il prezzo potrebbe essere molto più alto e quindi sarebbe corretto rivedere la propria valutazione e strategia sul titolo.
Quindi, l’asimmetria informativa e lo svantaggio competitivo in cui versa chi decide di acquistare azioni al prezzo di IPO impongono da parte sua una maggiore cautela e prudenza in fase di acquisto.
I rischi dell’investire in una IPO
In sede di IPO risulta più difficile poter valutare:
- l’effettivo valore della società
- la congruità del prezzo d’acquisto
- l’effettivo andamento del business
- la capacità e l’affidabilità del management
- gli eventuali acquisti di azioni da parte dei vertici aziendali (internal dealing)
Questo perché nelle prime ore di scambi i prezzi delle IPO più gettonate e pubblicizzate possono avere una forte tendenza al rialzo, frutto più dell’euforia che non del razionale rispetto dei multipli di mercato. Il momento dell’IPO è altamente emotivo e quindi può spingere gli investitori più avveduti a fare grossi affari ma, allo stesso tempo, quelli più ingenui a sbagliare completamente il timing dell’operazione.
L’investitore poco accorto corre così il rischio di trascurare il fatto che le promettenti prospettive dell’offerta pubblica iniziale spesso risultano già incorporate nel prezzo di acquisto, e nel caso non si realizzino compiutamente, possono tradursi in un significativo ritracciamento del prezzo dell’azione.
Ci sono IPO che si rivelano un ottimo investimento (Facebook è passata da 38 a 162 dollari in 4 anni) e IPO meno felici (Snapchat, per restare in ambito tecnologico, ha perso il 13% in poche settimane). Ci sono IPO che partono molto bene (a fine 2013 Twitter balzò in poche sedute da 26 a 70 dollari) ma poi cadono (i livelli di gennaio 2014 intorno ai 70 dollari sono stati ritoccati solo a febbraio 2021). Esistono persino IPO annunciate e poi ritirate, come quella di Ibl Banca nel 2015.
D’altronde ci sarà un motivo se Warren Buffett, considerato tutt’oggi uno dei più grandi investitori di sempre, traduce l’acronimo IPO in modo leggermente diverso, trasformandolo in “It’s probably overvalued”. Volendo esprimere che spesso il prezzo a cui le società sbarcano sul mercato è troppo caro ed eccessivamente sopravvalutato. Confermando che in molti casi il vero affare lo fanno gli azionisti della prima ora e non i risparmiatori chiamati a partecipare all’azienda in seconda battuta.
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