Tasse sugli investimenti: tutto quello che devi sapere

A cura di Mario Sorrentino

Immaginiamo di aver costruito il nostro portafoglio di investimento orientato al medio-lungo periodo con l’obiettivo di pagare l’università ai nostri figli, comprare la casa o la macchina dei nostri sogni o semplicemente preservare il nostro tenore di vita, senza tener conto delle tasse sugli investimenti.

Alla fine del percorso di investimento, quando è arrivato il momento di soddisfare le nostre esigenze, ci scontriamo con la dura realtà e capiamo che il profitto ottenuto non è stato tale da consentirci il raggiungimento dei nostri obiettivi di vita, per effetto della decurtazione dovuta alle tasse sugli investimenti, trascurate in fase di pianificazione.

Un processo decisionale corretto che guidi l’investitore, in autonomia o con l’aiuto di un professionista nella scelta del portafoglio di investimento più adatto alle sue esigenze, non può prescindere dalla comprensione del sistema italiano di imposizione fiscale sulle attività finanziarie che possa andare ad ottimizzare tutto il carico di tasse sui nostri investimenti.

Dunque, alla luce di quanto ci siamo detti quali sono le tasse che dobbiamo pagare sui nostri investimenti? Quante sono?

Benissimo sei proprio nel posto giusto! Siediti comodo e goditi questo articolo.

Primo step: differenza tra redditi di capitale e redditi diversi

La prima considerazione da fare è che quando investiamo in strumenti finanziari ci imbattiamo in due tipologie di redditi: redditi di capitale e redditi diversi.

Cosa sono i redditi di capitale

I redditi di capitale sono interessi e proventi derivanti da: mutui, depositi, conti correnti, cedole, dividendi, plusvalenze derivanti da OICR (fondi attivi, ETF, SICAV).

Cosa sono i redditi diversi

I redditi diversi sono plusvalenze/minusvalenze realizzate dalla cessione a titolo oneroso di: azioni, obbligazioni, criptoattività, strumenti derivati. Inoltre sono redditi diversi le minusvalenze su ETF, fondi attivi e SICAV e i proventi derivanti dalla detenzione di criptoattività.

L’aliquota di imposta ordinaria sui redditi finanziari è attualmente al 26% dei redditi generati, imposta sostitutiva che prescinde dalle soglie di reddito o dall’entitá dell’investimento.

Lo Stato tuttavia concede un’aliquota agevolata sui redditi diversi e di capitale generati su Titoli di Stato white list (Paesi con cui c’è scambio di informazioni) e nazionali, pari al 12,5%.

La differenziazione dei redditi non è puramente teorica, ma è più pratica di quanto sembri.

Infatti esclusivamente i redditi diversi possono essere compensati con i redditi pregressi di tutti i tipi (redditi di capitale e redditi diversi).

Secondo step: come pagare le tasse sugli investimenti

Quando apriamo un conto corrente o un deposito titoli, possiamo scegliere il tipo di regime fiscale al quale sottoporci: regime del risparmio amministrato, regime dichiarativo, regime gestito.

Possiamo scegliere di anno in anno di quale regime avvalerci, ricordandoci tuttavia del fatto che il regime dichiarativo è obbligatorio laddove i nostri redditi siano generati da attività finanziarie che deteniamo presso intermediari esteri (non residenti in Italia o senza stabile organizzazione in Italia). Inoltre, ai fini del monitoraggio fiscale, deve essere dichiarata anche la sola detenzione di strumenti finanziari presso intermediari esteri nel quadro RW della dichiarazione dei redditi.

Il regime amministrato

Il regime del risparmio amministrato prevede che tutti gli adempimenti fiscali derivanti dagli investimenti siano a carico dell’intermediario (sostituto d’imposta) presso cui sono depositati i titoli. Non dobbiamo quindi preoccuparci di pagare autonomamente le tasse sui nostri investimenti, in quanto il profitto (plusvalenze realizzate) che viene accreditato sul conto nel momento in cui vendiamo quote dello strumento finanziario, o nel momento in cui scade o ne incassiamo i proventi (cedole e dividendi), è al netto dell’imposta sostitutiva (26% o 12,5%).

Il regime dichiarativo

Il regime dichiarativo prevede che noi investitori indichiamo i redditi diversi (plusvalenze e minusvalenze realizzate) per intero all’interno del quadro RT della dichiarazione dei redditi dell’anno di competenza che deve essere presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo, e che questi siano ugualmente soggetti all’imposta sostitutiva, mentre i redditi di capitale derivanti da strumenti armonizzati continuano ad essere soggetti a imposizione fiscale tramite l’intermediario, che fa da sostituto d’imposta come nel regime del risparmio amministrato, e non dovranno essere inseriti nella dichiarazione dei redditi.                  

Il regime gestito

In ultimo, solo nel caso in cui sia stata sottoscritta una gestione patrimoniale, è possibile scegliere il regime gestito, nel quale non esiste la differenza tra redditi di capitale e redditi diversi. L’intermediario si occuperà di tutte le incombenze fiscali (sostituto d’imposta), pagando per conto nostro l’imposta sostitutiva sul risultato complessivo della gestione di competenza dell’anno anche se non è stata effettivamente incassata la plusvalenza (plusvalenza maturata).

Regimi fiscali: vantaggi e svantaggi

Per tutti i regimi è possibile compensare le minusvalenze pregresse con le plusvalenze generate entro e non oltre il quarto esercizio successivo, tenendo sempre conto delle suddette distinzioni tra redditi nei vari regimi. Ogni regime fiscale ha le sue peculiarità, per cui le accezioni “vantaggi” e “svantaggi” vanno ad ogni modo contestualizzate in considerazione delle specificità della singola persona fisica.

Regime amministrato

  • Vantaggi 

Comodità, risparmio costi per l’assistenza (parcella del professionista), delega delle incombenze fiscali all’intermediario (sostituto d’imposta), garanzia dell’anonimato.

  • Svantaggi 

Tassazione immediata sulla plusvalenza oppure sull’eccedenza positiva.

Regime dichiarativo

  • Vantaggi 

Dovendo pagare le imposte alla fine dell’anno, nel momento in cui realizziamo una plusvalenza disponiamo dell’intera somma che potenzialmente possiamo destinare ad un nuovo investimento. Efficienza fiscale: possibilità di compensare in dichiarazione dei redditi plusvalenze e minusvalenze generate successivamente nel corso dell’anno.

  • Svantaggi

Parcella del professionista, complessità, perdita dell’anonimato.

Risparmio gestito

  • Vantaggi

Non essendoci distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi, è possibile la compensazione di tutte le plusvalenze e le minusvalenze; la minusvalenza maturata dovuta al risultato negativo della gestione di un anno possiamo recuperarla portandola a compensazione con le plusvalenze che matureranno entro i 4 esercizi (4 anni) successivi;  delega delle incombenze fiscali all’intermediario (pagherà per conto degli investitori le imposte); garanzia dell’anonimato.

  • Svantaggi

La tassazione non viene applicata al momento della vendita dello strumento o della sua scadenza come negli altri 2 regimi, bensì ogni anno a prescindere dalla realizzazione o meno delle plusvalenze (plusvalenze maturate).

Tassazione degli strumenti finanziari e assicurativi

In questo paragrafo andiamo ad osservare per punti tutti i principali strumenti finanziari presenti sul mercato e la loro relativa tassazione.

  • Azioni

La plusvalenza/minusvalenza derivante dalla compravendita è un reddito diverso; i dividendi sono redditi di capitale. Imposta: 26%.

  • Obbligazioni

Generano redditi diversi per la plusvalenza/minusvalenza derivante dalla vendita dello strumento o per la plusvalenza derivante dal suo rimborso a scadenza. Generano redditi di capitale per la cedola e il disaggio di emissione.

Imposta: 12,5% per i titoli di Stato nazionali e di Paesi white list, 26% per tutti gli altri titoli obbligazionari.

NB: al di là del disaggio di emissione o della plusvalenza, la tassazione è pagata sul tasso cedolare.

Esempio: se compriamo un’obbligazione emessa a 100€ sopra la pari ossia con prezzo >100, quindi a 110€ e cedola del 4%,  stiamo in realtà sostenendo una tassazione più elevata del 26% o del 12,5% (se è un titolo di Stato) perché quell’aliquota viene applicata alla cedola nominale del 4% (4€ su 100€) nonostante la cedola reale sia più bassa cioè 3,63% (4€ su 110) ; il discorso opposto vale per le obbligazioni acquistate sotto la pari.

  • ETC ed ETN

Generano esclusivamente redditi diversi sia per i loro dividendi sia per le plusvalenze/minusvalenze, dunque sono compensabili con altri redditi diversi. Imposta: 26%.

  • ETF

Generano esclusivamente redditi di capitale (quindi non compensabili) sia per i dividendi, sia per le plusvalenze. Solo le loro minusvalenze costituiscono redditi diversi compensabili quindi con plusvalenze su altri redditi diversi.

Imposta: 26%; 12,5% per la parte investita in titoli di Stato italiani o di Paesi white list.

  • Fondi attivi e SICAV

Generano esclusivamente redditi di capitale (quindi non compensabili) sia per i dividendi, sia per le plusvalenze. Solo le loro minusvalenze costituiscono redditi diversi compensabili quindi con plusvalenze su altri redditi diversi.

NB: plusvalenze su ETF, fondi attivi e SICAV (redditi di capitale) non possono essere compensate con minusvalenze su ETF, fondi attivi, SICAV (redditi diversi).

Imposta: 26%; 12,5% per la parte investita in titoli di Stato italiani o di Paesi white list.

La detenzione di azioni, obbligazioni, ETF, ETC, Fondi Attivi, Sicav ed ETN implica il pagamento dell’imposta di bollo dello 0,20% del loro controvalore a fine anno.

  • Conto Corrente

Genera redditi di capitale per gli interessi, per cui l’imposta è al 26%.  La detenzione del conto corrente implica il pagamento di un’imposta di bollo pari a 34,20€ indipendentemente dalla giacenza sul conto corrente, se la giacenza media è superiore a 5.000€, altrimenti c’è esenzione.

  • Conto deposito

Imposta su interessi: 26%; imposta di bollo dello 0,20% annuo sull’ammontare depositato.

  • Certificati o Warrant

Se non prevedono un rendimento certo a scadenza, generano redditi diversi sia per le plusvalenze che per le minusvalenze. Imposta: 26%. Implicano il pagamento di un’imposta di bollo dello 0,20% del controvalore di mercato a fine anno.

  • Buoni Fruttiferi postali

Generano redditi di capitale, quindi non sono fiscalmente compensabili e vengono tassati all’imposta del 12,5%. L’imposta di bollo è pari allo 0,20% annuo, mentre se la giacenza è inferiore a 5.000€ ci sarà esenzione.

  • Valute Estere

Generano redditi esenti da imposta. I conti correnti in valuta prevedono il pagamento di un’imposta di bollo fissa pari a 34,20€; c’è esenzione se la giacenza media è inferiore a 5.000€.

  • Forex

I redditi derivanti da negoziazioni su questo mercato sono redditi diversi ma è l’intermediario a prelevarle e versarle al fisco (fa da sostituto d’imposta). Imposta: 26%. Non rientrano nel calcolo dell’imposta di bollo.

  • Polizze di Ramo I,III,V

Generano redditi di capitale; imposta: 26%; 12,5% per la parte investita in titoli di stato. L`imposta di bollo per le Ramo I non c´è mentre per le III e V ammonta allo 0,20% annuo.

Tassazione sulle criptovalute

Fino alla nuova Legge di Bilancio entrata in vigore dal 01/01/2023 le plusvalenze derivanti dalle criptovalute erano assoggettate al trattamento sulle valute estere, per cui erano esenti da imposta a meno che non ci fosse stata detenzione di asset per almeno 7 giorni di seguito per un ammontare superiore a 51.645,69€.

Dal 01/01/2023 le plusvalenze derivanti da cessione onerosa, permuta, rimborso, detenzione di criptoattività (criptovalute,NFT…) sono classificate come redditi diversi, per cui sono compensabili e sono tassate al 26%. (Art. 31 nuova Legge di Bilancio).

Il trattamento in questione è riservato alle plusvalenze non inferiori complessivamente a 2.000€ nel periodo d’imposta. Inoltre la permuta tra cripto-attività non assume rilevanza fiscale, ma la conversione da valuta virtuale a valuta fiat, così come l’utilizzo della valuta virtuale per l’acquisto di beni o servizi assume rilevanza fiscale.

Il nuovo trattamento sulle criptoattività inoltre concede all’investitore di considerare come valore di acquisto per il calcolo di minusvalenze e plusvalenze quello di riferimento alla data del 01/01/2023, a condizione che su tale valore venga pagata anticipatamente l’imposta sostitutiva del 14%.

In aggiunta, la nuova Legge di Bilancio consente agli investitori che non hanno dichiarato la detenzione delle criptoattività nonché i redditi da esse generati, di regolarizzare la propria posizione attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva del 3,5% del valore delle cripto-attività detenute al termine di ogni anno.

È inoltre consentita la compensazione delle minusvalenze manifestatesi fino al 01/01/2023, configurandosi dunque anche per le criptovalute l’inserimento all’interno dei 3 regimi (dichiarativo, risparmio amministrato, gestito).

Infine, ai fini del monitoraggio di attività estere, è stato inserito l’obbligo di dichiarazione nel quadro RW della detenzione di criptoattività.

La detenzione di criptoattività implica il pagamento di un’imposta di bollo annuale pari allo 0,20% del controvalore a fine anno.

Nuova Legge di Bilancio: affrancamenti e aliquote inferiori

La nuova Legge di Bilancio (Art. 27) ha introdotto la possibilità da parte dell’investitore di richiedere entro il 30/06/2023 alla banca in cui sono depositati i titoli l’affrancamento di fondi, ETF, SICAV e polizze vita (ramo I) e di capitalizzazione (ramo V) e la rivalutazione delle partecipazioni.

Per le partecipazioni azionarie detenute al 01/01/2023, la base imponibile è determinata come media dei prezzi rilevati a dicembre 2022. L’investitore può avvalersi della facoltà di pagare anticipatamente le imposte su tali plusvalenze maturate ad un’aliquota pari al 16% invece del 26%. Questa aliquota tuttavia è concessa a patto che vengano versate le imposte entro un massimo di 3 rate annuali a partire dal 15/11/2023.

Per le quote di fondi , ETF, Sicav, e polizze l’affrancamento prevede il pagamento di un’imposta pari al 14% sulla differenza tra il valore delle quote al 31/12/2022 e il loro prezzo di acquisto.

Le imposte dovranno essere versate entro il 16/09/2023. Capiamo dunque che un’imposta di questo genere è vantaggiosa solo nel momento in cui alla vendita futura dello strumento in questione si generi una plusvalenza, altrimenti avremmo pagato imposte senza aver generato un profitto.

Le polizze per le quali si richiede l’affrancamento non possono essere riscattate fino al 01/01/2025 e non possono essere in scadenza prima del 31/12/2024.

Infine, tutti gli strumenti di cui sopra devono essere detenuti al 31/12/2022 e alla data di esercizio della facoltà dell’affrancamento.

Conclusioni

Come hai potuto ben vedere il mondo della tassazione è un argomento ostico, fatto di insidie e di tanti fattori da tenere in considerazione.

In questo articolo abbiamo voluto riassumere le principali nozioni che riguardano questo macro tema ma, come sempre consigliamo ai nostri lettori, è importante rifarsi ad una figura competente che possa analizzare dettagliatamente e con rigore la tua situazione personale che, sicuramente, ha la necessità di esser messa sotto la lente di ingrandimento per trovare la miglior ottimizzazione fiscale.

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