La Sharing Economy

A cura di Giuseppe Napoli

Era il 2013 quando l’Economist dedicò la sua copertina di marzo alla nascita di una nuova forma di economia che, grazie allo scambio e alla condivisione dei beni, avrebbe portato vantaggi economici, ambientali e sociali: la sharing economy, o economia della condivisione.

Questo concetto si è andato affermando negli ultimi decenni, declinato in vari modi e applicato a diversi settori economici e sociali, e sta cambiando radicalmente il modo in cui le persone consumano e usufruiscono di beni e servizi.

Ma esattamente: cos’è la sharing economy? Quand’è nata la sharing economy? Quali sono gli esempi più popolari?

Bene, siediti comodo e andiamo a scoprirlo insieme in questo articolo!

Il termine “sharing economy” appare per la prima volta nel 1978 nell’articolo “Community Structure and Collaborative Consumption: A routine activity approach” scritto da Marcus Felson e Joe. L. Spaeth pubblicato nel American Behavioral Scientist.

La crisi economica del 2008 e i nuovi spazi sociali creati dalla diffusione capillare di Internet hanno messo in discussione la validità di alcuni modelli di business tradizionali e favorito lo sviluppo di strutture economiche fondate sulla condivisione. Si sono così imposti nuovi modelli di consumo che hanno affiancato e spesso messo in crisi modelli economici tradizionali.

La sharing economy, è finita sotto i riflettori grazie a realtà innovative (o i cosiddetti “operatori di sharing economy“) come Uber, Airbnb o BlaBlaCar (che insieme hanno fatturato più di 40 miliardi di dollari nel 2022).
Le declinazioni con la quale ci riferiamo a essa sono variegate: gig economy, servizi on demand, peer to peer economy e sharing mobility.

Le piattaforme digitali sono state il motore principale di questo cambiamento, offrendo nuove opportunità di crescita, occupazione e imprenditorialità, fondate su uno sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale (che possiamo riassumere con l’ormai famoso acronimo ESG).

Per dare un’idea dell’imponente e costante crescita in atto nel corso di questi anni, secondo il noto sito di statiche online gitnux.com, la sharing economy potrebbe arrivare a valere, nel corso del 2023, 455 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti, coinvolgendo più di 57 milioni di soggetti.

Al giorno d’oggi è importante, se non fondamentale, promuovere forme di consumo consapevoli che prediligono la razionalizzazione delle risorse. In questo contesto si afferma il fenomeno della servitizzazione, ovvero il passaggio dalla vendita di un prodotto alla fornitura di servizi con l’obbiettivo di creare maggior valore per il consumatore

Oggigiorno, non è più indispensabile possedere qualcosa ma è importante averne accesso quando lo si desidera. Ed è proprio grazie a questo cambiamento di esigenze che sono nati i servizi di car sharing, bike sharing e home sharing.

Sharing economy cos'è

Ma quindi cos’è la sharing economy?

La sharing economy è una struttura economica di tipo circolare, che si basa sulla condivisione di risorse, competenze e conoscenze, e rappresenta una sfida al tradizionale sistema economico basato sulla proprietà privata.

Nel 2020, nel vecchio continente, il valore di mercato della sharing economy è stato stimato in circa 28 miliardi di euro, mentre il fatturato globale si attesta intorno ai 116 miliardi di dollari.

Nonostante la grandezza spropositata di tali cifre, questi numeri rappresentano solamente una minima porzione del valore globale che potrebbe raggiungere tra qualche anno.

Secondo la società di consulenza BCCResearch la sharing economy potrebbe essere uno dei mega trend del decennio, con tassi di crescita previsti superiori al 50%, raggiungendo nel 2024 un giro d’affari complessivo di quasi 1.5 trilioni di euro, toccando alcuni degli ambiti più apprezzati dai consumatori quali l’immobiliare, i trasporti, la finanza e i servizi ad personam.

Sharing economy esempi

Negli ultimi anni è letteralmente esploso il mercato della sharing mobility, un sottoinsieme della sharing economy, che permette di muoversi, da un luogo ad un altro, attraverso mezzi e veicoli condivisi come macchine, scooter, bici e monopattini elettrici (considerati i reali protagonisti della sharing mobility italiana).

La sharing mobility sta prendendo piede con l’emergere del problema relativo alla logistica dell’ultimo miglio: spesso, soprattutto nelle grandi città, pendolari e residenti sono costretti a prendere mezzi pubblici e privati, per raggiungere il luogo di lavoro e rientrare a casa. La mobilità condivisa e sostenibile contribuisce alla smart mobility di una città, mitigando il traffico e riducendo le emissioni di CO2.

Dopo l’evidente contrazione del mercato causata dalla pandemia globale, la sharing mobility ha superato lo shock e ha mostrato un trend di crescita già nel 2021: macchine, scooter, biciclette e monopattini in condivisione hanno superato i valori pre-pandemici. I viaggi realizzati attraverso la sharing mobility sono stati in tutto 35 milioni circa, + 61% rispetto al 2020 e il 25% in più del 2019, mentre l’83% dei noleggi è avvenuto su un veicolo di micromobilità.

Continuano a crescere sia quantitativamente che in termini di varietà il portafoglio di mezzi delle aziende di sharing mobility con una transizione significativa verso l’elettrico: si è passati dagli 84,6 mila veicoli del 2020 ai circa 89 mila veicoli nel 2021, ripartiti tra monopattini (51%), bici (31%), scooter (10%) e auto (7%). I veicoli elettrici vanno dal 63% al 77% nell’ultimo anno. La sharing diventa sempre più green con il 94,5% dei veicoli in condivisione a zero emissioni.

A livello mondiale, solamente il mercato del car-sharing, dovrebbe raggiungere un fatturato complessivo pari 14.8 miliardi di dollari entro il 2025.

Altro esempio di sharing economy del settore turistico è il sopracitato AirBnb, un portale mondiale per l’ospitalità condivisa e gli affitti brevi fondato nel 2007 da Brian Chesky, Joe Gebbia e Nathan Blecharczy che nel 2022 ha fatturato ‘appena’ 8.4 miliardi di dollari.

L’idea è nata perché gli attuali CEO, prima di creare la prima piattaforma digitale di Airbnb, non riuscendo a pagare l’affitto davano ai viaggiatori (che non trovavano stanze d’albergo libere) parte del loro alloggio in affitto.

È importante inoltre sottolineare come nel 2016 Airbnb e Uber fossero già valutate rispettivamente 30 e 80 miliardi di dollari (in data odierna la capitalizzazione di mercato è pari 76 miliardi di dollari per entrambe), surclassando imponenti e affermate multinazionali come Hilton, Volkswagen e GM.

La Cina rappresenta un mercato fuori dal comune, infatti il 73% della popolazione che utilizza abitualmente internet, consuma e utilizza beni e servizi provenienti dal mondo della sharing economy, inoltre più della metà (55%) oltre a consumare, fornisce anche i beni che saranno successivamente commercializzati.

Risulta essere un esempio assestante, proprio perchè è l’unico mercato al mondo dove tutti i gruppi d’età partecipano allo stesso livello, mentre nella maggior parte dei casi una fetta consistente del mercato è costituita dalle generazioni più giovani.

In termini di domanda e offerta pro capite (rispettivamente 54% e 61%) secondo solo alla Cina, troviamo gli Emirati Arabi Uniti.

Sfide future della Sharing Economy

Da un punto di vista sociale l’aspetto innovativo della sharing economy risiede nel permettere di svincolare la valorizzazione del lavoro individuale dai concetti tradizionali di margine, profitto e utile.

La sharing economy presenta però molte sfide per il futuro. Una delle maggiori preoccupazioni riguarda la regolamentazione delle piattaforme di sharing economy, poiché molte di esse operano in un’area grigia dal punto di vista legale.

Negli ultimi anni sono emerse infatti, diverse criticità relative soprattutto al caso della “GIG economy”, la cosiddetta “economia dei lavoretti”, divenuta oggetto di dibattito proprio per le condizioni di lavoro imposte da aziende di e-commerce e food delivery a rider ed autisti.


Alle nuove forme di economia si associano spesso nuovi problemi relativi alla definizione dello status giuridico e delle tutele del lavoratore. Al legislatore si impone la sfida di garantire a consumatori e lavoratori, entro i nuovi paradigmi, equità e trasparenza (anche in termini di regole e di fiscalità) su aspetti come la sicurezza, la salute, la privacy e la trasparenza delle condizioni alla base di servizi o beni utilizzati.

In sintesi, la sharing economy rappresenta una sfida al tradizionale modello di consumo basato sulla proprietà privata e sull’individualismo, favorendo la collaborazione e la condivisione tra i consumatori, al fine di garantire un futuro sostenibile per questa forma di economia collaborativa.

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