Quando vendere una azione? | Spoiler: emozioni escluse
A cura di Lorenzo Rocchetti e Filippo Morandin
Il giorno in cui si inizia ad investire i propri risparmi lo si fa fondamentalmente per godere dei profitti un domani. Questo però implica che bisogna liquidare le proprie posizioni in profitto, ritirare i soldi dal proprio conto e godersi i guadagni maturati nel tempo al netto delle tasse. Ma è davvero così? Capire infatti quando vendere una azione non è semplice, e anche soltanto provare a rispondere alla domanda è estremamente ostico, in quanto è assolutamente necessario contestualizzare la motivazione della singola persona che inizia ad investire.
In questo articolo cerchiamo quindi di comprendere quelle che sono le possibili situazioni nelle quali un investitore si può trovare, cerchiamo di capire il contesto e di delineare alcune linee guida potenzialmente comuni a molti investitori.
Indice dei contenuti
Il motivo per il quale si sceglie di investire
La prima domanda fondamentale da porsi quando si tratta di investire i propri risparmi è legata al motivo per il quale si sceglie di farlo. In questo senso, le ragioni possono essere molteplici e differenti, ma sicuramente importanti per poter delineare le fondamenta e i principi alla base della scelta di investire. È chiaro che questo fattore sarà di rilevante come futura discriminante, anche quando si tratta di liquidare le proprie posizioni.
Aspetti fondamentali da tenere in considerazione
I 2 fattori da determinare nel cosiddetto “processo” sono:
- l’orizzonte temporale;
- il profilo di rischio, collegato direttamente al rendimento desiderato dall’investitore.
L’orizzonte temporale conta!
Nel momento in cui si decide di investire, l’orizzonte temporale è con ogni probabilità il primo parametro da tenere a mente e considerare. Mentalmente potrà prepararci ai possibili draw-down di mercato e alle possibili differenti fasi del ciclo macroeconomico. Esso si ripercuote chiaramente sulla mentalità e sulla soglia di sopportazione delle fasi di mercato più concitate. Non è banale, infatti, quando si investe su orizzonti temporali molto dilatati nel tempo, come ad esempio venti o trent’anni, subire delle fasi di mercato molto complesse e a ribasso. Questo chiaramente può causare stress e ansia nei momenti di mercato più complessi, talvolta nel momento in cui vengono scelte delle società in modo coscienzioso, ponderato, pensato e dopo aver fatto le dovute analisi. In questo caso le fasi di down non ci devono preoccupare in alcun modo anzi, devono servire da occasione per applicare il dollar-cost averaging (DCA), per accumulare nuove quote, riuscendo così a diminuire il prezzo medio di carico di un determinato prodotto finanziario.
Il profilo di rischio conta!
Anche il profilo di rischio è chiaramente molto importante quando si tratta di tenere a mente la massima perdita possibile di un portafoglio. In questo senso infatti, rispetto all’età dell’investitore si deve definire un profilo di rischio adeguato e congruo, e con esso delineare la massima perdita possibile in relazione anche a quello che è lo storico dei prezzi di un determinato strumento/prodotto finanziario. In questi termini quindi, il fatto di avere una giovane età e quindi un orizzonte temporale molto lungo di fronte, coadiuvate con un profilo di rischio piuttosto spinto e aggressivo, allora posso aspettarmi certi guadagni e certe perdite.
Quali soldi vanno destinati agli investimenti? Qui la chiave!
Quando si investe è necessario capire quanti soldi vincolare ma soprattutto quali soldi vincolare rispetto alla propria situazione patrimoniale considerata nella sua interezza. In questo senso significa avere chiaro il quadro di quelli che sono i propri possedimenti a 360°. In questo calcolo vanno incluse tutte le voci, anche quelle meno intuitive e scontate. Non solo quindi la liquidità sul conto corrente, ma anche la casa, l’automobile, eventuali terreni o qualunque bene posseduto che potenzialmente può rientrare nella categoria. Una volta fatta questa scrematura sarà più semplice comprendere quale percentuale destinare agli investimenti nei mercati finanziari, ma soprattutto quale liquidità destinare a specifiche tipologie di investimento.
Investimenti speculativi o ritorni garantiti?
Una volta scelto il proprio orizzonte temporale, il rischio tollerabile e il capitale da investire in relazione alla percentuale di patrimonio destinabile all’essere investita, è giunto il momento di comprendere quali siano gli strumenti finanziari utili per poterlo fare. Chiaramente ogni strumento ha le proprie peculiarità e i propri punti deboli e forti e chiaramente ognuno di loro va contestualizzato sui parametri sopracitati.
E dunque, quando vendere?
La risposta a questa domanda non esiste. È infatti impossibile definire in modo univoco quando sia opportuno liquidare una posizione, sia nel caso essa dovesse trovarsi in profitto sia nel caso di posizioni in perdita. Questo perché come detto sopra la possibilità di vendere dipende da numerosissimi fattori intrinsechi a loro volta alla persona e sono estremamente soggettivi e non semplici da generalizzare. Vediamo alcuni parametri che potrebbero far pensare alla scelta di vendere alcune quote, ed eventualmente, quali.
Bisogno di liquidità improvviso ed immediato
Come dovrebbe essere piuttosto facile e scontato da comprendere, la possibilità di investire inizia nel momento in cui un determinato quantitativo di denaro non ci serve pronto e disponibile in un dato momento. Sembra banale da sottolineare ma è invece bene ricordarlo. Questa premessa è importante per vedere una delle ragioni per le quali è possibile vendere parte delle proprie posizioni. Infatti, nel momento in cui ci si dovesse trovare in una situazione di necessità non preventivata, senza un fondo sufficiente a coprire tale spesa improvvisa, sarebbe necessario vendere una parte delle proprie posizioni investite per rientrare in liquidità.
Possibilità di migliori investimenti
Questo è un caso più complesso e che va ponderato molto attentamente. In caso in cui ci si dovesse trovare di fronte ad una condizione particolarmente favorevole di investimento, calcolate tutte le possibili situazioni e risvolti e appurato essere più redditizia di un investimento già in atto, sarebbe possibile vendere una parte di tali quote in maniera tale da essere investite in un altro prodotto o strumento. Chiaramente questo modo di agire può essere anche controproducente. Detto questo, se fatte le giuste analisi e considerazioni anche questo motivo potrebbe effettivamente risultare valido anche se più adeguato a investitori esperti e con una grande capacità di discernimento rispetto alle aziende nelle quali investire.
Il prezzo è cresciuto troppo dal momento dell’acquisto del titolo?
Nel momento il cui il prezzo di una società cresce di molto questo può voler dire che la società in questione si trovi in condizione di essere sopravvalutata e quindi potrebbe essere il caso di venderla. Non significa che sia assolutamente necessario vendere. Infatti, in queste situazioni è bene fare una attenta analisi tale da verificare le ragioni di un aumento di prezzo. Se infatti tale aumento è giustificato rispetto all’attività imprenditoriale dell’azienda in questione, allora non c’è alcun problema e, anzi, tenerla in portafoglio può solo essere un bene. Diverso se invece tale crescita repentina non ha alcun tipo di fondamento. Inoltre, è sempre bene contestualizzare eventuali aumenti di prezzo di una azienda con le aziende concorrenti del mercato. Esistono poi numerosi parametri da analizzare, come i multipli di mercato, così da avere un quadro chiaro della situazione.
Ribilanciamento di portafoglio
Anche nel caso in cui un titolo performa bene, oltre le aspettative è bene fare delle considerazioni circa la possibilità di ribilanciare gli asset in portafoglio. Ciò significa infatti che quella determinata società ha acquisito un peso troppo importante all’interno del portafoglio ed è quindi bene attuare una strategia atta alla compensazione di tale aumento percentuale sul totale investito. Questo aspetto è molto importante per continuare a garantire una corretta diversificazione nel proprio portafoglio che non deve mai risultare troppo sbilanciato.
Taglio dei dividendi
Molto spesso gli investitori prediligono situazioni in cui le aziende rilasciano parte degli utili sotto forma di dividendi, in quanto chiaramente questo porta a generare nel tempo un flusso di cassa che, sia che venga reinvestito sia che venga semplicemente preso e utilizzato, fa comunque piacere e può essere una determinante in alcuni casi per investire o meno in una società, oppure investire in una società piuttosto che un’altra. Detto questo non sempre le società che staccano dividendi sono le migliori e quelle da prediligere in assoluto, anzi, esistono ottime società che non staccano dividendi ma reinvestono tutto nell’attività di impresa per migliorare i propri prodotti e servizi. Tuttavia, è bene ricordare che nel momento in cui un’azienda riduce i propri dividendi dopo che questi sono stati stabili e costanti nel tempo, questo può voler significare che l’azienda stia andando incontro ad una fase di debito eccessivo o di riduzione dei profitti. Qualora la riduzione dei dividendi fosse dovuta a problemi strutturali seri, liquidare le proprie posizioni potrebbe effettivamente avere un senso e potrebbe rivelarsi nel futuro una scelta vincente.
Bancarotta
Se un titolo va in bancarotta, spesso non è importante a quanto viene scambiato. Sebbene il valore sia spesso molto basso, è quasi sempre una buona scelta uscire dal mercato cercando di salvare il più possibile.
Conclusioni
Tutte le considerazioni fatte in questo articolo riguardano di base esclusivamente situazioni nelle quali un investitore sceglie di acquistare singole compagnie e singole aziende. Ciò significa che l’investitore in questione dovrà verosimilmente tenere monitorate le proprie posizioni frequentemente e dovrà essere consapevole su ciò in cui ha investito, sapere come e quando ribilanciare il portafoglio e dovrà sostanzialmente fare una gestione attiva dei suoi investimenti. Per questo motivo e dal momento che gli obiettivi di investimento e i target da raggiungere sono diversi per ciascuna persona, è molto complicato definire in maniera univoca quando vendere e liquidare una determinata posizione. Detto questo, è bene ricordare per coloro che scelgono di avere una gestione più passiva nel tempo e con un orizzonte adeguatamente lungo, i ribilanciamenti e le liquidazioni di posizioni attive non sono così frequenti. Ancora una volta dipende tutto in maniera importante dalla tipologia di operatività che si sceglie di adottare sui mercati. Un trader, infatti, venderà in maniera molto più sistematica le proprie posizioni, così come queste verranno comprate più frequentemente, perché la tipologia di orizzonte temporale sul quale si lavora è diversa rispetto ad un investitore di lungo periodo. Ogni strategia, ogni portafoglio e ogni visione di investimento vanno dunque contestualizzate in relazione al profilo del singolo investitore, rispetto a tutti i parametri sopra menzionati.
I contenuti trattati all’interno di questo articolo hanno esclusivamente finalità di informare. Investire comporta il rischio di perdere il proprio capitale. Investi solamente se sei consapevole dei rischi che stai correndo.
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