Investire in startup: pro, contro e come farlo
A cura di Davide Franchini
Investire in startup o creare una startup da zero ha sempre affascinato molte persone per via dei potenziali guadagni e per le idee e le innovazioni che le stesse startup portano ogni giorno sul mercato.
Ma realmente: cosa significa investire in startup? Quali sono i pro e i contro connessi a questa attività?
Nell’articolo di oggi vedremo cos’è una startup, cosa significa crearne una e alcuni esempi reali di startup di successo.
Indice dei contenuti
Startup: cos’è
Come sempre partiamo dalle basi: cos’è una startup?
Le startup sono aziende neonate e innovative, il cui obiettivo è creare e sviluppare prodotti e servizi alternativi per risolvere problemi specifici rilevati sul mercato. Le startup possono dunque essere fondate con lo scopo di creare un nuovo mercato o di rivoluzionarne uno già esistente.
Le startup sono caratterizzate dalla loro struttura: agilità e flessibilità sono le prime qualità da mettere in campo in questo ambiente, in quanto spesso ci si ritrova a lavorare in contesti dinamici, con cambiamenti che possono avvenire ogni giorno. Un ambiente che quindi è predisposto per offrire continue sfide, cercando nell’innovazione la chiave per risolverle.
In poche parole le startup devono essere in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e di rispondere alle esigenze dei clienti in modo efficace; un elemento chiave del modello di crescita delle startup è la ricerca di finanziamenti, nella maggiorità dei casi mediante investimenti di Venture Capital o Angel Investors. Questi investitori forniscono fondi per sostenere lo sviluppo dell’azienda in cambio di una partecipazione azionaria. Il loro obiettivo è di aiutare l’azienda a raggiungere il successo e a generare un ritorno sull’investimento.
Le startup hanno un impatto significativo sull’economia e sul mondo degli affari. Infatti, le nuove tecnologie sviluppate dalle startup possono cambiare radicalmente il modo in cui le persone vivono e lavorano. Ad esempio, Scalapay e Casavo stanno rivoluzionando rispettivamente l’industria dei pagamenti e del Real Estate.
Ma non tutte le startup sono destinate a diventare successi in poco tempo: la maggior parte infatti fallisce a causa di uno o più fattori, tra questi la mancanza di finanziamenti, la mancanza di un mercato definito o una scarsa gestione. Secondo dati più recenti il 70% delle startup neonate sono destinate al fallimento nel giro di due anni.
Proprio per questo le startup che di solito hanno successo sono fondate (o cofondate) da persone con un background lavorativo in altre startup di successo o grandi aziende, proprio per potere sfruttare l’esperienza guadagnata come vantaggio competitivo tentando di evitare i rischi di fallimento immediato.
Le fasi di sviluppo di una startup
Lo sviluppo di una startup può essere suddiviso in diverse fasi, tendenzialmente 6, e vanno completate (preferibilmente) in un periodo di tempo inferiore a 5 anni, anche perchè in quel tempo, per quanto riguarda la legge Italiana, l’azienda perde lo status e i benefici legati all’essere una startup innovativa.
Le prime due fasi sono bootstrap e pre-seed, dove partendo dall’idea si cerca di validarla (e quindi capire se c’è mercato) nella maniera più oggettiva possibile, eventualmente facendo fronte anche a feedback ricevuti da altre persone.
Successivamente nella fase di seed la startup cerca di dare una struttura concreta all’idea, creando un business model e business plan che possa dare anche un quadro completo sulle stime di crescita che si sono fatte. In questa fase, se tutto va per il meglio ci si possono aspettare i primi finanziamenti da parte di business angels, acceleratori o banche.
Una volta fatto questo la startup procede con l’early stage, che cerca di ricevere feedback per trovare il giusto posizionamento nel mercato, eventualmente in questa fase possono intervenire Venture Capital o campagne Crowdfunding con ulteriori investimenti.
I round più concitati poi, sono l’early growth e la growth. Qui si vede se tutti gli investimenti di tempo e denaro fatti fino a quel momento prendono effetto, convertendosi in utenti attivi o clienti per la startup. Questo può rappresentare un crocevia cruciale per ogni startup.
Infine, la fase dell’exit: per tutte le startup che funzionano infatti questo rappresenta il momento di uscita degli investitori. Se le startup in fase di exit vengono acquisite da altri investitori nella prevalenza dei casi si tratterà di un’azienda con un’operazione di M&A, oppure “vendendosi” al pubblico tramite un’ IPO. Diversamente, se i fondatori vogliono rimanere in possesso della startup, possono optare per un buyback dai precedenti finanziatori.
Come si finanzia una startup
Seguendo le 5 fasi elencate precedentemente, tra le fasi di growth generalmente, troviamo i due round di finanziamento cruciali che una startup deve affrontare. Il round di serie A e il round di serie B.
Con il primo si cerca sostanzialmente di cercare fondi, che possono essere forniti dal Venture Capital o da un player che non è stato citato ancora citato in questo articolo: i fondi di private equity. Con questo capitale raccolto si cerca di sviluppare il business, investire nel marketing e, eventualmente, entrare in nuovi mercati. Il raggiungimento di questa fase è un’importante chiave per la startup, che sta decisamente abbassando le probabilità di fallimento.
Seguentemente, con il round B, la startup raccoglie ancora più fondi (per il fatto che il rischio in questa fase è minore) . Con questa seconda raccolta l’obiettivo è solamente quello di aumentare sensibilmente la quota di mercato, per poi cercare di portare la startup a grandezza necessaria per l’exit.
I pro e i contro di investire in startup
Investire in startup può essere un’opportunità per ottenere grandi rendimenti, ma allo stesso tempo comporta anche rischi notevoli. Nei punti seguenti possiamo vedere i principali lati positivi e negativi con tre punti ciascuno.
Pro di investire in startup
- Rendimento elevato: Investire in startup può portare rendimenti molto elevati in caso di successo dell’azienda, con alcune aziende che hanno generato un ritorno sugli investimenti superiore al 1000% in pochi anni.
- Opportunità di investimento: Le startup rappresentano un’opportunità di investire in settori innovativi e progetti stimolanti come l’intelligenza artificiale, la tecnologia, o il mercato delle energie rinnovabili.
- Diversificazione del portafoglio: Investire in startup consente di dare diversificazione al portafoglio, avendo una componente che si differenzia dagli strumenti finanziari più comuni e conosciuti.
Contro di investire in startup
- Rischio elevato: Le startup sono aziende giovani e spesso sconosciute, il che comporta un rischio notevole di fallimento e perdita totale dell’investimento nel caso la startup non riesca a sopravvivere.
- Liquidità limitata: Gli investimenti in startup sono spesso illiquidi, ovvero non possono essere venduti facilmente e rapidamente. Ciò significa che gli investitori potrebbero non essere in grado di recuperare i propri soldi per anni.
- Concorrenza: Investire in startup richiede competenze specifiche e conoscenze tecniche del settore, altrimenti si rischia di essere messi in competizione con altri investitori più esperti e meglio informati.
E’ importante sottolineare inoltre che, oltre l’aspetto economico, l’investimento in una startup riesce a formare un investitore con soft skills e responsabilità che possono rappresentare un punto positivo e negativo allo stesso tempo.
Da un lato infatti queste competenze non possono essere altresì imparate o acquisite, anche se per alcune persone il carico di stress che a volte ci si ritrova ad affrontare nel mezzo del processo potrebbe risultare nocivo e distruttivo. Prima di investire in startup quindi, è necessario fare le corrette valutazioni in base alla propria situazione e prospettive future.
Il panorama startup in Italia
Se è vero che da un lato le startup in Italia non hanno incentivi come in altre parti d’Europa e del mondo, negli ultimi tempi il panorama sta cercando di invertire la rotta.
Nell’ultimo anno per esempio, startup italiane come Satispay e Scalapay stanno avendo particolare fortuna nel mondo fintech. La prima è stata fondata nel 2013 e capitanata da Alberto Dalmasso, raggiungendo in pochi anni la valutazione di oltre 1 miliardo di euro diventando un unicorno. La più recente Scalapay invece, fondata nel 2019 da Simone Mancini, ha raccolto ingenti capitali da attori importanti come Tencent e Willoughby Capital.
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