TFR – la guida completa 2024

A cura di Mario Sorrentino

La gestione del TFR (Trattamento di fine rapporto) per il lavoratore dipendente è da sempre oggetto di dibattiti.

Ciò che spesso sfugge ai lavoratori dipendenti è il modo in cui il TFR può essere intelligentemente trattato, ammortizzando inoltre l’impatto della tassazione al momento dell`erogazione dello stesso.

Insomma, il TFR è una forma di reddito differito del lavoratore dipendente il cui periodo di differimento ha origine nel momento in cui ha inizio il rapporto lavorativo.

Vediamo insieme le peculiarità del trattamento di fine rapporto.

TFR cos’è

Come sempre partiamo dalle basi: cos’è il TFR?

Il TFR è una somma di denaro che spetta al lavoratore dipendente nel momento in cui termina il rapporto lavorativo, a prescindere dalla causa che ne ha determinato la fine. Il trattamento di fine rapporto non spetta ai tirocinanti e ai collaboratori, mentre spetta agli apprendisti.

Per far fronte a quest’uscita, nel tempo l’azienda effettua accantonamenti, per ogni anno di servizio o frazione di anno, che ammontano in totale ad una quota pari al 6,91% della retribuzione annua lorda. Questa quota deve essere obbligatoriamente rivalutata dall’azienda annualmente dell’1,5%+ 75% della variazione dell’indice FOI, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente. La retribuzione annua lorda che viene utilizzata come base di calcolo della quota di TFR non può eccedere la soglia di 240.000€.

Il TFR è di fatto una prerogativa di tutti i lavoratori dipendenti, regolarmente contrattualizzati, a tempo indeterminato o determinato di almeno 15 giorni continuativi nel mese.

Scelta per la destinazione del trattamento di fine rapporto

Ciascun lavoratore ha diritto di scegliere se:

  • lasciare il TFR come liquidità in azienda (azienda con meno di 49 dipendenti) o al Fondo di Tesoreria INPS (azienda con più di 49 dipendenti non può detenere il TFR come liquidità al suo interno ma deve destinarlo all’INPS);
  • destinare il TFR al fondo pensione.

In caso di prima assunzione, il lavoratore dipendente del settore privato deve decidere se destinare il proprio TFR a un fondo pensione e quindi alla previdenza complementare oppure lasciarlo all’interno dell’azienda o nel fondo di tesoreria INPS (se l’azienda ha più di 49 dipendenti).

La scelta verrà effettuata compilando il modulo TFR2, altrimenti in caso di mancata esplicitazione della scelta del dipendente sul TFR, vige il meccanismo di silenzio-assenso per cui il il TFR confluisce automaticamente nel fondo pensione previsto dal contratto collettivo di lavoro o, in presenza di più fondi, in quello a cui è iscritto il maggior numero di dipendenti. Nel caso in cui non esista un fondo pensione di riferimento, il TFR viene versato al fondo residuale individuato dalla normativa.

Nel caso in cui il dipendente del settore privato si trovi in un nuovo rapporto di lavoro e durante il rapporto lavorativo precedente ha deciso di mantenere il TFR in azienda, il nuovo datore di lavoro continuerà a mantenere il TFR in azienda o al fondo di garanzia INPS, fatta salva la possibilità per il dipendente di chiedere di versare il TFR maturando alla previdenza complementare.

Per ciò che concerne i dipendenti pubblici, l’insieme delle scelte possibili sono differenti in base alla data di assunzione e tipologia di rapporto contrattuale instaurato (qui le condizioni).

In relazione al tipo di scelta, il TFR è soggetto ad un regime fiscale differente sia in termini di aliquote che in termini di tempistiche di tassazione.

Tassazione tfr

TFR lasciato in azienda o all’INPS

  • Al momento dell`erogazione per cause di cessazione del rapporto lavorativo (cambio lavoro, dimissioni, licenziamento), il TFR è soggetto a tassazione separata pari alla media dell’IRPEF degli ultimi 5 anni di lavoro: aliquota minima del 23% e aliquota massima del 43%.

TFR versato nel fondo pensione

  • Il TFR non viene tassato nel momento in cui viene veicolato nel fondo pensione;
  • il TFR andrà ad alimentare il fondo pensione e solo nel momento in cui viene erogata la prestazione del fondo stesso ci sarà tassazione secondo l’aliquota agevolata del 15% sul capital gain che, trascorsi 15 anni di partecipazione, si ridurrà dello 0,30% annuo fino ad un’aliquota minima del 9%.

TFR in azienda o nel fondo pensione a confronto

Il lavoratore dipendente del settore privato che ha lasciato il TFR in azienda può chiederne al datore di lavoro un`anticipazione per una quota non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta, a condizione che abbia prestato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro. Inoltre la richiesta di anticipazione deve rientrare nei limiti del 10% degli aventi titolo e del 4 % del numero totale dei dipendenti. L`anticipazione può essere ottenuta solo una volta nel corso del rapporto di lavoro e deve essere giustificata da: spese sanitarie per terapie e interventi straordinari certificati dalle autorità competenti; acquisto prima casa di abitazione per sé o per i figli, che sia documentato con atto notarile. (ART. 2120 C.C).

Non possono chiedere l`anticipazione del TFR lasciato in azienda i dipendenti pubblici, dipendenti privati di aziende in crisi e dipendenti che hanno in corso la cessione del quinto. Per i dipendenti pubblici è previsto un altro tipo di istituto, differente dal tipico anticipo TFR, sancito dal decreto 4/2019 che prevede la facoltà per il dipendente di stipulare un contratto con la banca di riferimento in modo tale da ottenere l`importo corrispondente, pagando un tasso di interesse. I requisiti per la richiesta sono ad ogni modo gli stessi visti pocanzi.

Tutti coloro che veicolano il TFR all’interno dei fondi pensione potranno chiederne un’anticipazione o il riscatto secondo la normativa dei fondi pensione. Dunque sarà possibile chiedere fino al 75% del montante accumulato nel fondo pensione (TFR+ eventuali versamenti aggiuntivi) per spese sanitarie per sé e per i figli in qualsiasi momento, mentre la richiesta fino al 75% per ristrutturare casa per sé e per i figli, sarà possibile soltanto una volta trascorsi 8 anni di partecipazione al fondo pensione. Infine è possibile chiedere, trascorsi 8 anni di partecipazione al fondo pensione, fino al 30% del montante accumulato per “ulteriori esigenze non documentate”.

Per conoscere la tassazione su eventuale riscatto o anticipazione si veda il seguente link: clicca qui. 

Conclusioni

Senza dubbio la scelta di destinare o meno il TFR alla previdenza complementare è legata alla specificità del singolo lavoratore, ma è stato appurato che in termini puramente finanziari lasciare il TFR in azienda nel lungo periodo è una scelta poco premiante. Questa tesi si avvalora se si considerano anche i notevoli vantaggi fiscali legati alla previdenza complementare e ai rendimenti storici dei fondi pensione in relazione alla rivalutazione del TFR in azienda (o nel fondo tesoreria INPS).

Quanto è stato detto rende l`idea di come il TFR sia in realtà una “risorsa nascosta” per il lavoratore dipendente, che può essere ottimizzata magari con l`aiuto di un consulente finanziario di fiducia. In effetti, come abbiamo visto, le modalità di trattamento del TFR sono molteplici ed è necessario che il lavoratore quantomeno venga a conoscenza della migliore soluzione per le proprie esigenze.

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