Pensione integrativa: tutto quello che devi sapere

A cura di Mario Sorrentino

I cittadini italiani hanno un grosso problema: mantenere il proprio tenore di vita esclusivamente con la pensione pubblica è sempre più difficile. Urge dunque la seria considerazione di una fonte aggiuntiva di sostentamento: la pensione integrativa (o complementare).

La popolazione italiana invecchia ad un tasso notevolmente superiore rispetto a quello medio europeo, per cui l’ammontare delle pensioni da erogare cresce in misura più che proporzionale rispetto al numero di lavoratori che versano contributi al sistema pensionistico.

Il fenomeno in questione è indubbiamente un trend in crescita e va a discapito delle casse pubbliche e quindi delle generazioni presenti e future che verosimilmente potranno andare in pensione più tardi e con meno soldi.

Da qui le agevolazioni fiscali che lo Stato italiano concede ai lavoratori che sottoscrivono forme pensionistiche complementari. In effetti la pensione integrativa può garantire la copertura di quel fabbisogno previdenziale che la pensione pubblica riuscirà sempre meno a colmare.

Ma quindi, cos’è la pensione integrativa? Quanto versare al mese per la pensione integrativa? Quali sono i vantaggi fiscali di una pensione integrativa? A 50 anni conviene ancora?

Scopriamolo insieme!

Pensione integrativa: cos’è

La pensione integrativa fa riferimento a quell’insieme di strumenti previdenziali, indipendenti dalle forme pensionistiche pubbliche, oggetto di contribuzione volontaria (facoltativa) da parte dei lavoratori iscritti a una forma pensionistica pubblica (obbligatoria).

La data in cui la pensione integrativa ha iniziato il suo processo di sviluppo è senza dubbio il 01/01/1996, contestualmente all’entrata in vigore della Riforma Dini (Legge 335/1995). La Riforma ha ridisegnato il sistema pensionistico italiano, ridefinendo le modalità di calcolo delle pensioni con il passaggio dal metodo retributivo al metodo contributivo che è quello odierno.

L’obiettivo della Riforma era quello di garantire una ripartizione più equa delle pensioni, che prima del 1996 erano calcolate sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di attività lavorativa. Con il passaggio al metodo contributivo, è stato sancito che l’entità delle pensioni fosse commisurata ai contributi versati dal lavoratore per l’intera durata della sua attività lavorativa.

La ratio alla base del metodo contributivo è quella secondo cui coloro che producono reddito versano contributi che permettono allo Stato il pagamento delle pensioni di chi ha già maturato il diritto a percepirle (requisiti anagrafici e requisiti contributivi). Tuttavia il metodo retributivo è ancora applicato ai redditi generati fino al 31/12/1995, dando vita in alcuni casi ad un metodo misto (contributivo + retributivo).

Inoltre per i lavoratori con più di 18 anni di lavoro e quindi di contributi al 31/12/1995 e solo fino alla pensione maturata al 01/01/2012 si applica il metodo retributivo. Per il maturato a partire dal 01/01/2012 si applica il metodo contributivo (Riforma Fornero, D.L. 201/2011).

Tipi di pensione integrativa

Le forme pensionistiche integrative si articolano in:

  • fondi pensione preesistenti;
  • fondi pensione aperti;
  • fondi pensione chiusi (negoziali);
  • FIP/PIP (forme/piani individuali pensionistici).

Fondi pensione preesistenti

I fondi pensione ad adesione collettiva esistenti prima dell’entrata in vigore del D.Leg.124 del 1993, cui possono rivolgersi lavoratori dipendenti e lavoratori di specifici settori, sono solitamente a prestazione definita (viene definita ex-ante la prestazione che verrà erogata al lavoratore).

Sono stati oggetto di trasformazioni, scioglimento, fusione con altri fondi; non possono iscriversi i lavoratori che hanno avuto il primo incarico lavorativo successivamente al 28/04/2023; sono in fase di estinzione.

Fondi pensione chiusi/negoziali/di categoria

I fondi pensione chiusi sono fondi accessibili tramite contratti collettivi di lavoro, accordi aziendali o tra lavoratori e sono promossi dai sindacati firmatari dei contratti nazionali collettivi del lavoro. Sono definiti “chiusi” in quanto possono accedervi solo determinate categorie di lavoratori o di liberi professionisti.

I dipendenti, in aggiunta ai loro contributi, possono beneficiare del versamento del TFR e del contributo a carico del datore di lavoro (se il dipendente versa un contributo minimo volontario e il TFR) all’interno del fondo pensione tenuto conto degli accordi stessi e delle percentuali di contribuzione minima riportate nello statuto del fondo pensione negoziale.

Per i lavoratori autonomi e liberi professionisti è prevista invece solo la loro contribuzione. Non sono definite le prestazioni che verranno erogate al lavoratore, ma sono fondi a contribuzione definita, per cui ogni anno si sceglie se e quanto versare in termini di contributi nel fondo. Sono ad adesione collettiva.

Fondi pensione aperti

A differenza dei fondi pensione chiusi, i fondi pensione aperti nascono dall’intento di un soggetto privato (SGR, banche, compagnie assicurative, SIM) che decide di istituire un fondo gestito da un team di gestione che perseguirà gli obiettivi del comparto (solitamente la distinzione prevede 4 comparti: monetario, obbligazionario, bilanciato, azionario) del fondo ed eroga la prestazione pensionistica nel momento in cui il lavoratore va in pensione o riscatta la somma versata.

Sono accessibili a tutti e l’adesione può essere sia individuale che collettiva e inoltre è rivolta anche a soggetti fiscalmente a carico di altri e non ancora iscritti ad una forma pensionistica obbligatoria (esempio: genitore che intesta il fondo pensione ad un figlio).

I lavoratori dipendenti possono accedervi anche solo conferendovi il TFR e anche nel caso in cui sia presente la sottoscrizione di un fondo pensione negoziale.

I lavoratori autonomi e i liberi professionisti accedono esclusivamente tramite la loro contribuzione; i soci di cooperative possono accedervi autonomamente se è solo il socio lavoratore a versare contributi al fondo, altrimenti, in caso di contribuzione anche da parte della cooperativa, ci saranno delle regole per l’accesso dei soci lavoratori della cooperativa. Sono fondi a contribuzione definita.

FIP/PIP

I PIP sono forme di pensione integrativa ad adesione individuale indipendentemente dalla tipologia di attività lavorativa svolta, realizzate in forma di contratto di assicurazione sulla vita Ramo I o Ramo III

I lavoratori dipendenti del settore pubblico non possono conferire il proprio TFR in un PIP, mentre i lavoratori dipendenti del settore privato possono farlo. Trattandosi di una forma ad adesione individuale, i lavoratori dipendenti non possono beneficiare del contributo del datore di lavoro almeno che questi non voglia ugualmente contribuire al PIP. Sono fondi a contribuzione definita.

Vantaggi fiscali della pensione integrativa

Come anticipato, lo Stato italiano prevede agevolazioni fiscali per i soggetti che decidono di sottoscrivere un fondo pensione.

Durante la fase di accumulo (periodo in cui il lavoratore versa i contributi nel fondo pensione) è consentita la deduzione dal reddito complessivo annuo dei contributi versati al fondo pensione fino al limite di €5.164,57.

Tale importo comprende l’eventuale contributo del datore di lavoro. E’ esclusa dalla deduzione la quota del TFR.

I rendimenti maturati dal fondo pensione sono soggetti all’imposta del 20%, più favorevole rispetto al 26% che si applica alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario. Sulla quota del rendimento che deriva dal possesso di titoli di Stato e titoli similari, la tassazione è fissata al 12,5%.

Inoltre i contributi versati per i familiari a carico sono ugualmente deducibili entro i €5.164,57 e per l’ammontare non dedotto dal reddito delle persone a carico. Nel caso in cui ci sia stata adesione a più fondi pensione, l’importo massimo di deducibilità dei contributi è sempre di 5.164,57€.

Se si è lavoratori dipendenti, sarà il datore di lavoro a fare da sostituto d’imposta e dedurre i contributi in busta paga. Dunque solo i versamenti eccedenti i €5.164,57 e in generale quelli per i quali si è deciso di rinunciare alla deduzione dovranno essere adeguatamente documentati nella dichiarazione dei redditi e comunicati alla forma pensionistica presso cui sono stati versati e non dedotti i contributi entro il 31 dicembre dell’anno successivo al versamento stesso o, se antecedente, alla data in cui sorge il diritto alla prestazione, in modo tale che non verranno assoggettati a tassazione al momento dell’erogazione delle prestazioni.

Come riscattare la pensione integrativa

La pensione integrativa, come sancito dalla normativa, deve essere percepita per almeno il 50% in forma di rendita, con la facoltà di percepire l’altro 50% sotto forma di capitale. L’unico caso in cui è possibile percepire interamente la rendita in forma di capitale è solo se la conversione in rendita vitalizia immediata del 70% del montante sia inferiore alla metà dell’assegno sociale oppure se il richiedente è qualificato come vecchio iscritto (iscritto alla previdenza complementare prima del 29 aprile 1993).

Nella fase di erogazione della prestazione pensionistica (in forma di rendita o di capitale) , quindi nel momento in cui il lavoratore va in pensione, la prestazione è soggetta ad una ritenuta a titolo d’imposta del 15%. Se il fondo è tenuto in portafoglio per una durata maggiore di 15 anni, l’aliquota si riduce allo 0,30% per ogni anno successivo di partecipazione al fondo, fino ad un massimo di riduzione pari al 6%, arrivando quindi al 9% dopo 35 anni di partecipazione.

Capiamo quindi che questa aliquota è nettamente inferiore rispetto a quella Irpef applicata sui redditi pensionistici obbligatori, che sono ammessi a detrazione.

Il riscatto e l’anticipazione sono tassati secondo la normativa vigente, consultabile sul sito del COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) mentre il trasferimento della posizione a un altro fondo è esente.

Pensione integrativa: quanto versare al mese

Così come il risparmio finanziario puro, anche il risparmio previdenziale risponde a dinamiche e situazioni soggettive.

Tuttavia è evidente l’utilità di ricorrere a forme previdenziali complementari per i giovani ma anche per le fasce d’età più alte. In effetti, alla luce di quanto evidenziato in precedenza, è inevitabile che le nuove generazioni saranno colpite in pieno dalla parabola discendente delle pensioni.

Tuttavia, non è da sottovalutare l’utilità della previdenza integrativa anche per il risparmiatore 50enne, che, nel caso in cui abbia un figlio (a prescindere dalla sua età), può versare contributi all’interno di un fondo pensione intestato a quest’ultimo. Quindi quando ci si chiede “pensione integrativa a 50 anni conviene?” la risposta è sicuramente si.

Così facendo, l’effetto positivo si ha su due fronti:

  • il risparmiatore deduce dal suo reddito imponibile i contributi versati fino ad un massimo di €5.164,57 
  • il figlio disporrà nel lungo periodo di una somma di denaro importante (l’ammontare dipenderà da quanto versato, dal rendimento del fondo pensione e dal tempo).

Nel caso in cui il risparmiatore 50enne non abbia figli, l’utilità della previdenza complementare continua ad essere evidente:

  • deduzione dei contributi fino a €5.164,57;
  • possibilità di chiedere in qualsiasi momento un’anticipazione della posizione maturata fino al 75%  per spese sanitarie che riguardano lui, i figli e il coniuge, solo dopo 8 anni e sempre fino al 75% per ristrutturazione casa per sé o per i figli e fino al 30% e per ulteriori esigenze non documentate;
  • possibilità di andare prima in pensione potendo chiedere in forma di rendita integrativa anticipata (R.I.T.A.) la posizione individuale maturata nel fondo pensione (qui le condizioni).

Quanto versare in un fondo pensione

Ma quanto versare in un fondo pensione?

Anche quest’aspetto dipende dalla situazione complessiva del singolo risparmiatore, tuttavia una scelta ragionevole è versare un importo tale che il montante stimato che si avrà al momento della pensione riesca a colmare il gap previdenziale.

Per gap previdenziale si intende quel fabbisogno futuro in € che la pensione pubblica non riesce a soddisfare e che è possibile spiegare con una semplice formula:

  • Tenore di vita (costi)-(reddito pensionistico obbligatorio + entrate durante la pensione).

Calcolo pensione integrativa

Per avere una stima di calcolo della pensione integrativa, è possibile usufruire del simulatore fornito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze consultabile cliccando sul seguente link.

Il simulatore dell’ammontare della pensione integrativa permette anche di settare la componente obbligazionaria del fondo pensione e dà un’idea, seppur superficiale, della rendita integrativa.

Chiaramente come individuare il gap e colmarlo è una scelta delicata che richiede l’assistenza di un consulente finanziario competente che si occupi anche di previdenza.

Infatti la posizione individuale che si avrà nel fondo pensione è anche funzione del rendimento del fondo pensione negli anni, che differisce in base alla tipologia di comparto che si sceglie.  

Come aderire ad una pensione integrativa

È possibile aderire ad un fondo pensione preesistente o ad un fondo pensione negoziale nella sede di lavoro del fondo pensione o dei sindacati che hanno firmato l’accordo o dei patronati nonché CAF indicati dal fondo.

Per ciò che concerne le modalità di adesione ad un fondo pensione aperto o ad un PIP, questa può avvenire nelle sedi della società che li ha istituiti oppure attraverso i soggetti incaricati dalla società.

Se l’adesione al fondo pensione è collettiva, questa può avvenire nella sede di lavoro degli aderenti, nella sede dei sindacati firmatari dell’accordo, dei patronati e CAF incaricati dalla società oppure mediante i soggetti incaricati dalla società o via web se consentito.

Conclusioni

Quanto detto finora mette in evidenza le criticità che affliggono il sistema pensionistico pubblico italiano in relazione ad una crescente difficoltà dei cittadini italiani di garantirsi un tenore di vita coerente a quello avuto fino all’età prevista per il pensionamento. Ecco dunque che la previdenza integrativa non solo viene in soccorso dei cittadini italiani, ma anche dello Stato stesso, con annesse opportunità che ne derivano per i risparmiatori in termini di agevolazioni fiscali e normative.

Ad ogni modo, la scelta del giusto canale di previdenza integrativa è strettamente legata alla situazione di ogni singolo lavoratore, per cui, come già detto, farsi assistere da una figura professionale di rilievo quale quella di un buon consulente finanziario è una scelta ragionevole.

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